Sono trascorsi oltre 120 anni dalla nascita di Luigi Amato, pittore ritrattista calabrese di nascita, romano d’adozione e caprese per scelta. Come per i Grandi Artisti di ogni tempo, anche la sua Arte sarà eterna: perché tutti loro ci hanno regalato l’immortalità del bello”.
– Questo è il ricordo ancora vivo di suo figlio Francesco Amato.
Dottore, le posso chiedere una definizione sintetica di ciò che è stato suo padre, Luigi Amato?
“Posso solo dirle che viene oggi considerato uno dei maestri più espressivi del pastello del ‘900 italiano, raggiungendo con questa tecnica traguardi inimmaginabili. Mio padre rappresentava con i colori ciò che vedeva, senza il bisogno di esagerare o di alterare metafisicamente le proprie opere. Ogni sua opera è quello che era, come appariva nella realtà, senza nessuna alterazione o trasformazione irreali. Nei suoi tratti si riconoscono accenni importanti alla pittura meridionale, penso ai grandi maestri Irolli o Mancini, ma la sua arte resta fresca, chiara ed efficace mantenendo una inconfondibile personalità”.
Se non la conosci, o non ci sei mai capitato almeno una volta nella vita non puoi capire quanto sia bella Grottaferrata.
Siamo a sud-est di Roma, sulle pendici dei Colli Albani, a 330 metri di altezza sul mare, poco più di 20 mila abitanti, cuore antico del Parco Regionale dei Castelli Romani, dove ogni anno migliaia di studiosi di artisti di letterati e di esperti da ogni parte del mondo vengono a visitare la famosissima Abbazia Greca di San Nilo, che è il monumento più importante di quest’area. Ma dove ci sono da vedere ci sono anche le famose Catacombe ‘Ad Decimum’, il Castello Savelli (sec.X), e alcune delle più famose ‘Ville Tuscolane’, in assoluto le più belle dei dintorni romani, per il valore artistico dell’architettura e degli affreschi che cateterizzano questi capolavori del passato.
Ebbene sì, è in questo contesto naturale, davvero unico nel suo genere, che una mattina per puro caso ci capita di incontrare e di conoscere uno dei tanti figli di Calabria sparsi per il mondo, emigrato a Grottaferrata da tantissimi anni, ma egli stesso figlio di un calabrese illustre, emigrato dal suo paese natale, che era Spezzano Albanese in provincia di Cosenza, in cerca di fortuna per il mondo.
Il padre di Francesco si chiamava Luigi Amato, e faceva per mestiere e per passione l’artista. Dipingeva in maniera sublime, e i suoi quadri hanno fatto il giro del mondo. Suo figlio Francesco, che oggi è invece il vero protagonista di questa nostra storia, di suo padre è diventato -come era naturale che lo fosse- il “cantore ufficiale”, il messaggero della sua arte pittorica, l’erede spirituale di un patrimonio pittorico immenso e di grande valore artistico.
Per lunghissimi anni Francesco Amato ha sperato che in Calabria qualcuno si ricordasse del ruolo e della storia di suo padre Luigi, che qualcuno rispondesse alle sue lettere e alle sue richieste di aiuto, ma dopo aver provato a ragionare con diversi sindaci di Spezzano Albanese, il loro paese di origine, e forse anche con qualche vecchio e inutile burocrate regionale, alla fine si è arreso e ha abbandonato la presa.
Non appena intuisce però che forse potremmo dargli una mano d’aiuto nel far conoscere le bellezze dei dipinti di suo padre e aiutarlo ad amplificare il suo “grido di dolore” per una regione che spesso si è dimenticata dei suoi figli migliori, allora ci prende per mano e ci porta a visitare la sua casa museo.
Dire “casa-museo” in questo caso forse è troppo poco, ma dentro questa abitazione così austera di Grottaferrata, troviamo di tutto, cartoline, dipinte, manifesti, acquerelli, montagne di colori, quaderni pieni di appunti, fogli pieni di ritratti appena accennati, e poi una montagna di libri, di cataloghi e di brochure che ci riportano inesorabilmente indietro negli anni e soprattutto in Calabria, “Perché il vero dato storico che ha segnato la vita di mio padre dall’inizio fino alla fine dei suoi giorni è stata propria la Calabria, sua terra di origine, e l’amore incommensurabile che aveva per la sua terra cosentina”.
La sua storia è in rete oggi visibile a chiunque abbia voglia di conoscere meglio il personaggio, e il merito è solo di suo figlio Francesco che ha praticamente dedicato tutto il suo tempo libero e la sua vita privata per ricostruire nei minimi dettagli la vita del padre e tramandare alle future generazioni la magia della sua spiritualità pittorica.
– Dottore da dove partiamo?
“Dal 1º gennaio del 1898, è il giorno in cui mio padre nasce a Spezzano Albanese, piccolo centro in provincia di Cosenza. Ma a soli cinque anni perde la mamma, Sofia Arabia, e dunque, a crescerlo sarà mio nonno Francesco, suo padre. Nonno Francesco faceva di mestiere il costruttore edile e spesso si portava Luigi appresso, anche perché non aveva a chi lasciarlo o dove lasciarlo, e Luigi cresceva di cantiere in cantiere seguendo mio padre. Una stagione felice per lui, perché Luigi fa vedere di avere un talento innato,e una passione per il disegno e per la geometria che presto lo porteranno davanti ad una tela”.
– Ad un certo punto suo padre lascia però la Calabria?
“Dopo aver frequentato le scuole elementari da privatista, nel 1911 mio padre consegue il diploma di Maturità presso la Scuola Elementare di Rossano, in provincia di Cosenza, e l’anno successivo, si trasferisce a Roma, dopo aver vinto una borsa di studio messa in palio dalla Regione Calabria e a Roma inizia a frequentare la Regia Accademia di Belle Arti in Via di Ripetta”.
– Un bel salto non crede?
“Certamente si, a giudicare dai suoi maestri. I suoi primi maestri furono artisti famosi come Umberto Coromaldi, e Duilio Cambellotti. Questo fino al 1916, l’anno della chiamata alle armi. Luigi Amato sarà, infatti, costretto a interrompere il suo percorso di studi artistici perché, come tanti giovani dell’epoca, dovette partire per il fronte. Rientrò dal fronte nel 1919, e questo gli permise di completare il percorso interrotto, che concluderà poi nell’estate del 1920. Da qui in avanti mio padre si dedicherà completamente alla pittura, con una particolare propensione al ritratto”.
– Dove fece la sua prima mostra personale?
“Nel 1920 nel suo paese natio, a Spezzano Albanese. Ad incoraggiare e patrocinare questa iniziativa furono Ferdinando e Gennaro Cassiani. Il primo avvocato meridionalista e storico molto famoso, il secondo suo figlio, deputato importante in quegli anni. La mostra fu allestita presso il Circolo Formazione e Cultura sito nel comune calabrese. L’evento fu un pretesto importante per far apprezzare le grandi capacità di mio padre, come dimostrano anche gli articoli pubblicati su Azione Nuova nel Novembre del 1920: e su Il Mattino del 10 ottobre di quello stesso anno”.
– Quale fu nei fatti la consacrazione ufficiale di suo padre ?
“Il 5 dicembre del 1922 mio padre ricevette la lettera ufficiale con cui veniva favorevolmente accolta la sua richiesta di ingresso nella storica “Associazione Artistica Internazionale di Roma” di Via Margutta, e in quello stesso periodo ebbe la possibilità di partecipare alla famosissima “Esposizione del Ritratto”.La grande stampa incominciò ad occuparsi di lui. Addirittura, “Il Piccolo”, pubblicando il ritratto di Vittoriana Zingone, figlia di Gennaro Zingone, industriale molto noto a Roma e che aveva fatto mio padre parlò di “un bellissimo quadro del giovane pittore calabrese Luigi Amato…Il ritratto della Vittoriana- si leggeva sulle pagine del quotidiano- è un pastello pregevolissimo per freschezza e somiglianza ed è stato oggetto di lodi e congratulazioni. Il giovane pittore Luigi Amato è un ritrattista già apprezzato dalla critica e dal pubblico, al quale è riservato il più lusinghiero avvenire.”.
– E’ vero che suo padre fu molto amico di Trilussa?
“Più che amico di Trilussa. Pensi che il 1925 incoraggiato proprio da Trilussa, mio padre tiene la sua prima personale a Roma, che sarà organizzata proprio da quest’ultimo presso le sale dell’Associazione Italo-Americana a Palazzo Salviati in Corso Umberto I 271, riscuotendo grande favore di critica e di pubblico”.
– E qui ricompare la grande stampa?
“L’evento attirò l’attenzione dei grandi giornali italiani, ricordo i pezzi di Norberto Pazzini sul “Messaggero” del 9 gennaio, poi venne “Epoca” del 25 gennaio, “Il Tevere” del 10 gennaio, fino alla “Cronaca di Calabria” del 1º febbraio, con un pezzo firmato da Ferdinando Cassiani, che era stato l’organizzatore della mostra a Spezzano Albanese del 1920. Poi nel 1926 espose presso la Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, nel 1931 presso l’Associazione Calabresi e Lucani e nel 1934 alla Sindacale Romana. Nel 1927, invece, in occasione del ricevimento in onore di Michele Bianchi, tenutosi a Roma presso l’Associazione Calabrese situata in Corso Umberto I, un ritratto a pastello di mio padre venne donato a Michele Bianchi, e del dono ne parlarono sia il Messaggero del 28 aprile, che la Cronaca di Calabria del 1º maggio”.
– Suo padre si afferma dunque come grande ritrattista di quei tempi?
“In realtà i suoi ritratti diventarono ben presto molto famosi e molto ricercati. Nel 1928 eseguì il ritratto dell’allora Miss Italia Livia Marracci, nel 1929 realizza i ritratti del generale Francesco Saverio Grazioli e della vedova del poeta Giuseppe Aurelio Costanzo, Linda, mentre è del 1932 il ritratto del generale Attilio Teruzzi. A quegli anni risale anche il quadro che mio padre fece della madre di Attilio Teruzzi, pubblicato sul Piccolo nel giugno 1933. Ma poi ancora, nel 1935 le sue opere appaiono sempre più di frequente sulla rivista “Le Carnet Mondain”, che allora era una palestra esclusiva dei grandi pittori dell’epoca”.
– La sua prima copertina importante?
“Sempre sul Carnet Mondain, e finì in copertina con i ritratti del Re d’Italia Vittorio Emanuele III e con quello della Regina Elena”.
– Un bellissimo traguardo?
“Tantissimi i ritratti famosi firmati da mio padre. Mussolini, Teruzzi, Federzoni, De Bono, Lessona, Igliori, Bianchi, Grazioli. Le faccio vedere la lettera con cui il 23 novembre del 1937 il Circolo delle Forze Armate di Palazzo Barberini, richiese ufficialmente a mio padre di realizzare la copia del dipinto di sua Maestà la Regina Elena d’Italia”.
– A un certo punto Roma però incomincia a stargli stretta?
“Ad un certo punto mio padre aveva capito che doveva lasciare Roma per conquistare altre capitali straniere. Nel 1938 giunse a Londra, e qui partecipò alla trentanovesima mostra della The Pastel Society, tenutasi al Royal Institute Galleries 195, a Piccadilly. Inizialmente era stato invitato come esterno, ma poco dopo, il 26 gennaio 1939, verrà invece invitato come socio effettivo”.
– E’ a questo punto che anche i grandi giornali londinesi scoprono Luigi Amato?
“Indimenticabile l’articolo uscito sul Daily Telegraph del 14 gennaio di quell’anno e a lui dedicato”.
– Dopo Londra è la volta di Parigi?
“Nel Maggio del 1938, a “Le Salon di Paris” prende parte alla “151° Exposition Officielle des Beaux-Arts” presso il Grand Palais des Champs Élysées, e qui presenta lo splendido pastello intitolato “Piccola Calabrese”. Riceve una Menzione d’Onore, e questo attira su di lui l’interesse dei critici e delle riviste di settore come “Arts” che lo definiscxe “Enfant prodige de la peinture”. Anche “Le Revue Moderne” scriverà di lui, ponendo in risalto le sue straordinarie capacità pittoriche”.
– Mi pare di capire che suo padre fosse sempre in ottima compagnia?
“Le do un dettaglio, pensi che nel marzo del 1939 tiene una mostra presso la Arlington Gallery, situata al 22 della londinese Bond Street, dove sono esposti diversi ritratti e studi, ad olio e pastello, e il catalogo d’arte contiene un interessante saggio su Pablo Picasso, Luigi Amato e Ben Nicholson in cui, le riferisco letteralmente in inglese, si legge che: “ These three artist may therefore readily stand as representatives of three distinct categories of art“, ”Questi tre artisti possono quindi facilmente presentarsi come rappresentanti di tre distinte categorie di arte”, una vera e propria consacrazione internazionale”.
– Il riconoscimento ufficiale a cui suo padre teneva di più?
“Credo sia stata l’onorificenza che gi venne conferita il 28 ottobre 1939, quando venne insignito del prestigioso titolo di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia”.
– La sua mostra più famosa a Roma?
“Quella che fece nel 1943, la grande mostra presso la Galleria San Marco, nell’elegante e centralissima Via del Babuino a Roma, tenutasi dal 28 aprile all’8 maggio. Ad introdurre con un suo scritto l’evento espositivo e la pittura di mio padre, all’interno del relativo catalogo, fu Piero Scarpa, famosissimo critico de Il Messaggero”.
-Una mostra in cui suo padre espose gran parte delle opere che aveva realizzato in Calabria?
“Nonostante gli anni difficili che si susseguivano l’uno all’altro, mio padre si rinchiuse per lunghi periodi nella sua casa di Spezzano Albanese e lì, nel silenzio della sua Calabria, tra i volti della sua gente, attorniato dall’affetto dei suoi cari, creò le sue opere migliori. Pastelli che erano dei veri capolavori. Nascono allora le visioni di un mondo paesano, oggi scomparso, piene di pathos ma anche d’amore e di riconoscenza, nelle quali l’artista dona tutto se stesso annullandosi nella realtà. “Jennaro l’uomo della terra”, “un pezzo di pane”, “un bicchiere di vino”, “Il gatto che beve”, indisturbato nella pentola di rame vicino al fuoco. “La parca mensa”, “Il vecchio padre”, ripreso in un momento di serenità mentre fuma la pipa, “Il figlio che dorme”. Sono immagini che si commentano da sole che e colpiscono la sensibilità di chi le guarda. Immagini che lasciando senza parole, incantati davanti a tanta bellezza”.
– Qual è la cosa più bella che si disse di lui?
“Forse quella che pubblico Il Messaggero subito dopo la mostra di Via del Babuino, a firma di Alberto Savinio, musicista, scrittore e pittore di fama, fratello di Giorgio De Chirico: “Luigi Amato è tecnico del pastello assai esperto e con questo suo procedimento riesce ad ottenere effetti plastici e luminosi veramente mirabili. L’espressività e la verità costituiscono la base della sua arte pittorica che non ha spiccato accento di tendenza se non quello di offrire all’osservatore, con immediatezza, quel godimento alla vista ed allo spirito che la nobiltà e la sincerità d’un artista attento, abile e sereno è in grado di procurare senza riferimenti a questa o a quella scuola”. Non le ho detto la cosa forse più importante, all’inaugurazione di quella mostra presenziò anche il re Vittorio Emanuele III che appose la sua firma sul relativo libro degli ospiti d’onore”.
– Roma, Londra, Parigi, e poi il ritorno in Italia, destinazione questa volta Capri?
“Si mio padre si trasferisce stabilmente a Capri nel 1948, per allontanarsi da una Roma post bellica in cui non si sente più a suo agio. Nell’isola partenopea va a vivere presso la Villa Bel Sorriso, dove continua però a dipingere le sue opere tradizionali”.
– Una nuova stagione della sua vita?
“Capri è un tourbillon di colori e di amici, di tele e di eventi, d’incontri soprattutto, dalla pittrice naif Carmelina di Capri al pittore-postino Torelli. La sua casa e il suo studio erano ormai frequentati da personalità provenienti da tutto il mondo e tra i suoi amici più cari a quel tempo l’illustratore Mario Laboccetta, i pittori Ezelino Briante, Raffaele Castello e Felice Giordano”.
– Ma a Capri suo padre si appassiona anche all’astronomia?
“C’è un articolo pubblicato su “Bazar Alta Classe” del 1956, che racconta proprio mio padre a Capri, e lo racconta come l’artista che non si dedicava solo alla pittura, ma anche all’astronomia, costruendo in autonomia persino dei telescopi”.
– E’ vero che proprio le opere dedicate ai bambini lo porteranno ai massimi successi?
“Posso solo dirle che nel 1958 mio padre partecipò alla Biennale di Venezia con i pastelli Ritratto di fanciulla e Piccola Calabrese, riscuotendo anche qui enorme successo e grandissimo interesse della critica che più contava. Addirittura, in un articolo uscito a firma di Milo Corso Malversa su “Bazar Alta Classe” si leggeva: “A proposito della Biennale di Venezia osserviamo questi capolavori di Renoir, Chagall, Amato, Derain. Astrattismo; poiché sono opere filtrate da personaggi viventi e normali e che, attraverso lo spirito e l’arte degli autori, divengono tutt’altra cosa”.
– Suo padre morirà ancora molto giovane?
“Aveva 63 anni, e se ne andato il 2 novembre del 1961, lasciando però un patrimonio importante di quadri e di dipinti che ora meriterebbero di essere recuperati, riscoperti, e riammirati come lo furono già ai suoi tempi”.
– Ma lei ha provato in tutti questi anni a scrivere ai sindaci di Spezzano Albanese?
“Ho fatto di tutto, ma è stato del tutto inutile. E’ come se la Calabria volesse dimenticare ogni cosa del suo passato, anche le storie di eccellenza come questa di mio padre. E’ come se la Calabria volesse dimenticare per sempre i suoi figli migliori, eppure Luigi Amato dovunque allora venisse invitato non faceva che raccontare e decantare la sua terra di origine. Peccato, ma non è mai troppo tardi. Sarebbe bello se la Calabria riscoprisse il valore del suo patrimonio artistico e gli dedicasse magari un’attenzione che fino ad ora non gli è stata riconosciuta. Per lui sarebbe come tornare a vivere, e per noi familiari tutti come poter finalmente rinascere dalle ceneri di tanto silenzio”. Intervista a cura di Rosario Sprovieri e Pino Nano
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