Sono del parere che uno stesso luogo debba essere visitato più volte! Un motivo è che i nostri occhi (quindi, la nostra mente, la nostra attenzione in quel
momento, il nostro umore) possono vedere una stessa cosa in modo diverso. Altro motivo è che non è possibile vedere le ricchezze di un sito in un unico giorno o in soli due giorni. È il caso di Santa Caterina dello Ionio (CZ). Tante sono le sue risorse e meglio vengono conosciute quando ad illustrarle è una guida esperta. Così è avvenuto per noi. Ad accompagnarci in questa avventura è stato Raffaele Riverso, architetto, consigliere e tesoriere dell’associazione Italia Nostra “Paolo Orsi” Soverato – Guardavalle. Egli, insieme a sua moglie, Angela Maida, presidente dell’associazione appena citata, sono impegnati per la valorizzazione dei Beni Culturali e Paesaggistici del comprensorio di Soverato. Ad affiancare la mia famiglia c’era anche un nostro caro amico escursionista, Carmine Rotundo, da cui ho preso in prestito numerose foto presenti in questo post.
Ciò che ancora mancava nella mia lista delle cose da vedere a Santa Caterina dello Ionio erano le sue grotte, i suoi mulini, lavatoi, casolari, jazzi, pozzi, le sue meridiane. Mi sa che devo ritornarci, la missione completa non è stata ancora compiuta per mancanza di tempo, ma posso dire che ciò che abbiamo visto martedì scorso, è esaudiente.
Una lunga passeggiata durante un pomeriggio soleggiato. È primavera e questo dice tutto. Eravamo circondati da intensi profumi e vivaci colori grazie ai fiori, di cui numerosi orchidee selvatiche, tra le quali, le “orchis italiche” o note pure come “omini nudi”, capirete benissimo perché si chiamano anche così, guardando semplicemente le foto nelle quali sono ritratte!
Il nostro percorso è iniziato dalla grotta rupestre in località Poveri, sul fiume Lunari. Questa grotta era in comunicazione con una chiesa rupestre, della quale rimane una parete rocciosa sulla quale è possibile intravedere qualche croce. Nella grotta c’è una nicchia dove probabilmente esisteva un’icona e vari fori che probabilmente servivano per inserire sostegni per sorreggere delle mensole. In una di queste cavità è incisa una croce greca, testimonianza della frequentazione di monaci bizantini. Molti sono arrivati nel Meridione a causa delle varie persecuzioni a cui furono soggetti. È da notare che le grotte si trovano spesso nei pressi di corsi d’acqua ed il loro ingresso è quasi sempre rivolto a Mezzogiorno in modo tale da essere maggiormente illuminate. Ci sono circa 30 grotte rupestri in territorio di Santa Caterina dello Ionio, datate, probabilmente tra il Tardo-Antico e l’Altomedioevo.
La seconda grotta che abbiamo visitato si trova in località Carìa, e prima di raggiungerla abbiamo visto un antico lavatoio ed un mulino ad acqua, denominato “Mulino Vecchio”. Ai piedi di questo mulino esiste un misterioso passaggio scavato in un monolite All’interno della grotta c’erano circa 10 pipistrelli e sentendoci si misero a volare. Non sono riuscita a trattenere le urla quando quasi mi sfiorarono la testa
Per arrivare alla terza e più suggestiva grotta, sempre in località Carìa e denominata Sant’Elia, abbiamo attraversato un terreno a terrazze. Qui fu rinvenuta una laminetta in piombo con iscrizioni in greco arcaico e si tratta di una maledizione!
Ai piedi di questo sito c’è uno dei più bei palmenti con una croce greca incisa davanti. I palmenti erano antichi strumenti di pietra per produrre il vino. Ce ne sono circa 29, sparsi in agro di S. Caterina e qualcuno all’interno di abitazioni private. Le vasche, scavate sul posto nel granito locale, erano comunicanti attraverso un foro. Nella vasca più grande si pigiava l’uva e dopo qualche giorno si apriva il foro comunicante, chiuso con l’argilla, per far fluire il mosto all’interno della seconda vasca più piccola e collocata più in basso. Probabilmente i palmenti di S. Caterina furono usati dai monaci bizantini. Prova ne è qualche croce greca incisa sulla parte anteriore della vasca superiore, come è visibile su questo palmento.
La grotta di Sant’Elia è la più grande, 480×600 cm e h 200 cm. Dopo, abbiamo proseguito incontrando il “Mulino Nuovo” con la sua maestosa saetta, alla base della quale è visibile una macina poggiata su un pilatro sulla quale esiste una croce a bassorilievo. Più avanti c’è un bellissimo casolare, ed infine si arriva alla “senia” (ne esistono altre tre), un impianto dell’acqua per estrarre e successivamente convogliare l’acqua per l’irrigazione, di ideazione araba, costruito probabilmente nel 1700 e usato forse fino fino agli anni ’50 del secolo scorso.
Ho visitato Santa Caterina dello Ionio (CZ) più volte. Ho ammirato la sua antica porta di accesso, qualche vicolo stretto, i meravigliosi calanchi bianchi e l’affresco della Madonna che allatta Gesù Bambino su una parete dei ruderi della chiesetta della Madonna della Neve. Nel linguaggio iconografico, la Madonna che allatta Gesù Bambino si chiama Galaktotrofusa, una raffigurazione che risale al periodo bizantino e forse deriva dalle statue egizie che raffiguravano la dea Iside che allatta suo figlio Horus. La Madonna che allatta mette in evidenza il lato umano della Madonna e di Gesù Bambino. Questo dipinto della chiesa risale probabilmente dopo il 1734, anno in cui questa chiesa fu sottoposta a lavori di manutenzione e non fu mai nominato questo dipinto fino a questa data, mentre si parlò di un altro quadro che fu trasferito nella chiesa madre a causa dei lavori di manutenzione. Si possono notare diversi strati di pittura sovrapposti di questo affresco. Si preferì però intitolare la chiesa alla Madonna della Neve, in quanto in quel periodo, probabilmente, si riteneva che l’immagine di Maria che allatta fosse quasi un po’ sconcia. Si pensa anche che questa chiesetta appartenesse ad un convento basiliano. Fu distrutta da un’alluvione. Nelle vicinanze di questa chiesetta si possono notare i ruderi di un convento domenicano e probabilmente nella parte sottostante quest’ultimo convento, esistono i ruderi di un altro convento. Davanti all’affresco della Madonna che allatta, sul pavimento, è visibile una stella a 8 punte incisa. Si tratta di una stella prettamente mariana. È simbolo di perfezione (otto è un numero perfetto). Maria è detta Maris Stella (stella del mare) o Stella mattutina. Nelle varie rappresentazioni iconografiche di Maria, le stelle possono essere disposte in modo vario, sul manto o sulle vesti, intorno alla figura o attorno alla testa della Madonna, di solito 12 come numero.
Spero di ritornare presto a Santa Caterina dello Ionio e di farci guidare ancora da Raffaele Riverso, per vedere gli altri mulini, i “jazzi” e le meridiane.
Tutto ciò che abbiamo visto è descritto in modo dettagliato nel libro:
Santa Caterina dello Ionio (Ambiente, stratificazioni culturali, paesaggi rurali) a cura di Sofia De Matteis, Angela Maida, Raffaele Riverso. Rubbettino Editore. Soveria Mannelli, 2021.
Alla stesura di questo libro, hanno dato il loro contributo altri amici escursionisti, tra i quali Giuliano Guido.
All’imbrunire abbiamo visto altre due grotte sul ciglio della strada e nelle vicinanze si trova una croce greca incisa su una pietra. Ho pensato subito ai Certosini che marchiavano i loro territori incidendo sulle pietre il loro simbolo, il cerchio con la croce sopra. Forse i monaci bizantini usavano lo stesso metodo?