Questo lavoro nasce dalla rubrica “Il sogno americano” su Kalabriatv.it diretta dal giornalista Nicola Pirone e gli articoli di Pino Cinquegrana che hanno affrontato il fenomeno migratorio che ha visto coinvolti milioni di persone che dall’Europa prima e dal sud Italia poi hanno cercato altrove la nuova heimat. Un fenomeno raccontato dagli autori Cinquegrana-Pirone fortemente apprezzato nel mondo con oltre due milioni di lettori, con particolare riferimento in Italia, Stati Uniti, Canada, Argentina, Australia, Brasile, Francia e Germania.

Un doveroso ringraziamento va, da parte degli autori, a tutte le associazioni e ai club calabresi che, dalle diverse nazioni, hanno fatto pervenire documenti, fotografie, lettere, articoli, testimonianze personali, riviste e quant’altro al fine di dare a questo lavoro maggiore preziosità: Club Sannicolese Toronto, Club Vallelonga – Monserrato Toronto, Filitalia International, Federación Associacion Calabresa de Argentina, Circolo Albidonese Buenos Aires, Acca Melbourne, Associacion de Amistad Cuba-Italia, Rivista La Lumera, La Piazza Punto d’Incontro, il Club Maierato, Joe Garisto, Vince Sisi, Antonio Pileggi, Paolo Ierullo, Domenico Rizzo, Gino Marrello, Antonio Francisco Nicoletta, Alicia Ferraiuolo, Edgar Delfino, Silvana Martino Sgrò, Antonio Santaguida, Loredana Benigni, Ernesto Marziota, Mariel Pitton Straface, Nicola Cina, Marcus Marra, History of Italian Immigrantion Museum Philadelphia, Ellis Island Museum New York, Nicholas Santangelo e Pier21 Museum Halifax, La valigia di cartone Museo dell’emigrante Cervinara, Salvador Zullo.
“L’emigrazione – sottolineano gli autori – quale fenomeno sociale, politico ed economico raccontato nell’arte, nella letteratura e nell’immaginario, apre una finestra nel mondo di ciò che sono state le cause fenomenologiche che hanno interessato la nazione tra la prima metà dell’Ottocento e gli anni Settanta del Novecento che ha visto cercare fuori dai propri confini nazionali e regionali pane e lavoro. Una condizione di miseria alla quale l’unica risposta fu la Merica. Si emigra per potere vivere decorosamente, si passa l’oceano per un luogo dove arrangiarsi meglio, lontani da un governo che pretende sempre senza nulla dare in cambio. Si emigra da un paese che non ha mantenuto le promesse di riscatto sociale suscitate dall’impresa dei Mille e dal plebiscito per l’Italia Unita come lamenta il seguente canto popolare (Aa. Vv. 1982:419). Emigrano le forze più giovani, i paesi si spopolano vanno dove si guadagno dollari che possono dare ristoro alle famiglie rimaste al paese e, in aggiunta, si inviano pacchettini con all’interno forbici, aghi, ditali. L’emigrazione fu – come ebbe a scrivere Francesco Saverio Nitti – l’unica grande rivoluzione del Sud. Al moccularu, che il padrone dà al contadino come pasto per alzare la zappa e muovere la zolla, in America questo è sostituito con il sugo e la carne in abbondanza, ma principalmente, si magia seduti a tavola comu i cristiani, scrive Ntoni nella lettera a suo padre.
Molte scuole a vocazione professionale furono frequentante al fine di apprendere un mestiere ed emigrare dove si guadagna meglio, vi sono maggiori opportunità e maggiori diritti rispetto al paese di origine, dove le terre appartengono ancora al ceto nobiliare e verso il quale a poco serve ribellarsi: cui cu’ patruni ajutta o crepa o va di sutta (chi prova a lottare contro il padrone o crepa o comunque ci va di sotto: non la spunta mai) in quanto cu sordi ed amicizia nci va nculu a la giustizia (con soldi ed amicizie la giustizia è corrompibile). Una paremiologia che da l’esatta dimensione del contadino pane e zappa, che vive al sud di una nazione che rivolge poca attenzione lasciandola al brigantaggio e allo sfruttamento. Pertanto, l’emigrazione divenne la grande opportunità di riscatto e di libertà, proiezione verso una new way of life. Anche se non per tutti, essa rappresentò la vera rivoluzione sociale del meridionale. Molti all’estero, nelle Americhe, vissero ristagnanti le stesse condizioni di vita lasciate al paese e molti, alla prima occasione, decisero di ritornare in patria.

Come una malattia, l’emigrazione entrò in tutte le case portandosi via le forze migliori, padri e figli aprirono la via pa’ Merica per poi chiamare tutta la famiglia.

Questa diaspora verso l’America riguardò principalmente uomini che godevano di buona salute disposti a ricoprire qualsiasi lavoro; essi furono raggiunti solo in un secondo momento dalle famiglie dando così origine alla ben più nota emigrazione di massa. Le rotte furono essenzialmente condizionate dalle lettere nelle quali si racconta di buoni raccolti e lavori ben pagati che fecero nascere comunità riproducenti la comunità paesana lasciata in Italia con comportamentalità simili di aggregazione come nella festa per il battesimo, il matrimonio e processioni religiose e feste popolari. Durante le due guerre mondiale il flusso emigratorio ebbe una forte limitazione poiché gli uomini servivano al fronte, un arresto che, comunque, riprese ad ampio respiro subito dopo, con destinazioni per lo più verso il Nord America e il Canada che divennero una delle mete favorite, a patire dal 1950, sostituendo quelle verso l’Argentina, il Brasile e l’Uruguay. L’opera ricca di immagini, documenti e testimonianze dirette è edita da Libritalia editore e da martedì prossimo in libreria.

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Il nostro Sogno Americano
Copertina del libro

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