Il culto di san Nicola è fortemente radicato in oriente quanto in occidente. Nato a Pàtara di Licia (in Turchia) intorno al 255 d.C., i suoi genitori furono Epifanio e Giovanna che morirono prematuramente a causa della peste. Sul santo una vasta letteratura rende da subito l’idea della grandezza della santità di Nicola la cui vita è costernata di eventi casuali quanto da una infinità di miracoli. Si vuole che nel giorno della sua sepoltura, il 6 dicembre persino i lupi lasciano in pace gli agnelli (G. Antonazzo, 2000:126). Secondo numerosi studiosi, il culto quanto le tradizioni nicolaiane nel mondo occidentale fu prima in Italia e poi in Europa (K. Meisen, 1931). Il culto maggiore fu in Sicilia e da qui passo in Calabria. La sua morte con probabilità pare sia avvenuta intorno al 333-34. La devozione al santo di Myra ci viene dai Martirologi Latini, mentre il primo lavoro sulla vita di san Nicola: Vita Sancti Nicolai, è attestata intono all’880. Secondo uno studio del 1868, pubblicato a Ginevra dal titolo Veglie semiserie pare che i cristiani lo invocavano quando era ancora in vita.
Durante il periodo di Diocleziano, Nicola di Myra subì la persecuzione prima di essere messo in carcere gli fu strappata la croce che portava sul petto nella sua forma di Tao. Dopo alcuni anni fu liberato e uscito fuori, per terra, ritrovò la sua croce di legno che prontamente rimise al collo. Alla sua morte il suo corpo pare sudasse olio dalla testa e acqua dai piedi; i due liquidi uniti insieme formano un balsamo miracoloso per la guarigione della carne e dello spirito, questo balsamo è detto “manna” che ogni anno, il 9 maggio, viene recuperata nella basilica del santo a Bari dove si trova il corpo del santo il quale continua l’atto prodigioso. A Vena Superiore, nella provincia di Vibo Valentia si custodisce tale reliquia. Sull’evento miracoloso vedi l’imponente studio di Gaetano Moroni, aiutante di Camera di Pio IX, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, volume 91, Venezia 1868.
Santo protettore dei carcerati, delle donne gravide, dei fanciulli, delle ragazze in cerca di marito, della gente di mare, egli viene definito l’Isapostolo ovvero uguale agli apostoli, per raccontare i suoi interventi miracolosi non bastano i granelli di sabia del mare e nemmeno tutte le stelle del cielo. Famosa è la narrazione delle tre figlie che il padre caduto in miseria voleva avviare alla prostituzione e furono salvati grazie al denaro, avvolto in un panno, che il santo gettò nella casa del pover’uomo ( le tre palle che lo raffigurano rappresentano proprio questo evento). Così come l’aver portato in vita i tre fratellini uccisi dall’oste perché non aveva la carne per i viandanti. Nell’iconografia tale scena è ben rappresentata con fanciulli seminudi che vengono fuori da una mezza botte. Una storia, quella di san Nicola sempre orientata verso gli umili, gli ultimi, i bisogno, quanto soffrono la fame come nel suo intervento durante la carestia del 211-312. Giunte le navi nel porto di Myra, egli fece scaricare dalle navi il grano per sfamare i myresi, ma quando le navi arrivarono a destinazione il grano non era per niente diminuito. Da qui la tradizione di fare u pani i santu Nicola da offrire dopo la messa a tutti i presenti; in alcuni paesi calabresi giovani con sacchi pieni di panini girano per il paese a consegnare alle famiglie le pagnotte di san Nicola. In Europa sono oltre 5000 le chiese a lui dedicate, solo in Italia sono 1203 e, in Calabria sono 114 distribuite in tutte le diocesi con maggiore presenza in quella di Mileto. Nelle terre calabre, subito dopo la venerazione verso la Madre di Dio, segue quella di San Nicola.
In diversi paesi del vibonese, come a Maierato, alla vigilia di San Nicola, i bambini mettono dietro la porta della casa una scarpa all’interno della quale, nella notte, il santo mette dei doni – in passato nocciole, caramelle, cioccolatini. Anche la purgia richiama la tradizione dell’offerta di un pasto ai bisognosi, si tratta di grano bollito che durante la notte viene lasciato fuori e, raggrumandosi, diventa biancastro lasciato al santo per rifocillarsi del lungo peregrinare,
San Nicola viene ricordato, dalla tradizione popolare anche nelle ninne nanne: santu Nicola chi pe’ mari jia/tutti li cuotrareddi addurmiscia; nelle filastrocche: Santu Nicola di fora venia/ tutti li casi li benedicia/ e la mia nci la scordau/ santu Nicola ddi fora tornau. Viene citato anche nella narrazione magica conro il malocchio.
Nella diocesi di Mileto Nicotera e Tropea il culto di san Nicola è ben forte ad Arena, Briatico, Francica, Mileto, Nicotera,Caroni, San Gregorio d’Ippona, San Nicola de Legistis, Vena superiore, Cramastà, Moladi, nell’antica Pimene di Maierato (centro ormai disabitato), Pizzoni, Soreto e Tropea tutte terre con conventi annessi mentre le chiese dedicate al San Nicola sono ovunque nei pasi del vibonese. È il santo dei doni, che diventerà il babbo natale commerciale che la tradizione ripropone nell’avvento popolare che recita: Sant’Andrea porta la nova/ Ca lu sei è di Nicola/ L’ottu è di Maria/
lu tridici è di Lucia/ ma è lu vinticincu lu Veru Misia.
Delle feste si ha bisogno per procedere ad una rigenerazione funzionale e spirituale, ma è necessario
uscire da un certo grigiore materialistico, desacralizzante che rilega la festa in un processo di
consumismo sfrenato in cui la festa del santo patrono quanto del periodo natalizio e quant’altro
divengono solo opportunità per un paio di scarpe nuove. È necessario che la festa recuperi il
significato quale dies dominica, giorno riservato a Dio, contro il solipssismo e proiettare l’uomo
verso la riscoperta del passato cristiano in cui la gente dell’Angitola, della provincia di Vibo
Valentia quanto dell’intera Calabria viveva con intensità di emozioni, partecipazioni collettive,
senso di appartenenza tra riti e tradizioni, preghiera e invocazioni, costumanze e vivere sociale. Una
lettura complessa che viene sottolineata nell’opera “San Nicola” di S. E. Mons Luigi Renzo,
Vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea. Uno studio che diventa invito per uno
scuotimento che rifiuta omologazioni e indifferenze.
Nell’opera di Sua Eccellenza, edito da Progetto 2000, si riprendono temi forti contro la povertà,
contro la fame nel mondo, la malattia che debilita l’uomo e lo rende infelice, contro la violenza
verso i bambini e le donne, la ricerca di giustizia. Letture multiple che emergono nell’attenta lettura
degli interventi miracolistici di San Nicola l’Isapostolo. Siamo difronte al santo del pane che porta
gioia nelle case: il pane come necessità di lavoro che da dignità all’uomo, lo rende libero e ne
sacralizza la vita; continuo viatico verso un altrove della speranza ieri come oggi, contro famelici
programmi e politiche che non danno risposte e non cicatrizzano le ferite di sempre: l’emigrazione
seppure oggi identificata con nuovi termini sociologi: expat.
Il mare simbolo della dinamica della vita; acqua in continuo movimento; il mare che da e prende.
Gli antichi greci offrivano al mare sacrifici di cavalli e di tori. Il mare che unisce il nuovo e l’altro
mondo e da speranza di una vita nuova. Nella Bibbia le acque del mare hanno letture multiple. Ed
ecco che proprio attraverso il mare arrivano le reliquie di san Nicola di Myra che stavano per
essere profanate e a Bari trovano una nuova lettura geomantica in termini di salvezza e, da sempre,
manna del santo prediletto continua la misericordia di Dio proprio attraverso questo liquido che
fuoriesce dalle ossa di san Nicola, detto Sanctum Liquore.
La manna è il prodigioso elemento di Dio che Dio mandò dal cielo agli Ebrei durante i 40 anni
trascorsi con Mosé nel deserto. Il termine prese tale denominazione dalla espressione MAN’HU
(cosa è questa). Siamo difronte al santo, difensore dei deboli richiamato nella grande letteratura
italiana (Dante: Purgatorio c.XX), quella inglese (Shakespeare: Enrico IV) in quella russa dove ci
sono oltre 1200 chiese a lui dedicate. Una figura che nel vibonese, spazio geografico della ricerca
del Vescovo Luigi Renzo, si completa nella ricca iconografia, analisi storica quanto della
paremiologia.
Santu Nicola meu riccu e potenti
Fandilli carricati li gghiandari
Di la cima fin’à li pendenti
L’arrami mu l’acchicu cu’ li mani.
[San Nicola mio ricco e potente/ fai sì che le querce siano cariche/ dalla cima fino all’ultimo ramo/
che pendendo possa raccogliere le ghiande con le mani]
San Nicola, nella tradizione popolare, protegge gli animali, protegge il raccolto e il suo culto è
sempre presente in aree destinate alla conservazione di derrate alimentari come emerge nei diversi
scavi archeologici regionali e, nelle vicinanze, a San Nicola da Crissa – località Cutura- dove sorge l’omonima chiesa con annesso silos. A san Nicola da Crissa, nel 1634, per iniziativa di Gian Giacomo Martini, vi fu installata la prima stamperia della Calabria ulteriore seconda. Come scrive l’archeologo Francesco Cuteri qui avveniva la fusione di campane con l’effige di san Nicola su di esse. Per san Nicola, in passato, la gente preparava a’ purgia del grano cotto reso gustoso con il condimento di olio con una punta di grasso di maiale e lasciato fuori affinché durante la notte, al passaggio di san Nicola questi trovasse ristoro. All’indomani questo piatto veniva condiviso con i vicini. Acquisiva la sostanza del sacro, una sorta di comunione popolare! È il grano che diventa moneta per pagare i debiti, così fino agli anni Cinquanta!
Al santo si offrivano pane-dolci a forma di bambini per richiedere una grazia.
A partire dal giorno di san Nicola i ragazzi, per tutto il periodo natalizio, giocavano o casteju, gioco con le nocciole (pianta che viene porta nell’area del Mediterraneo dall’Asia minore). Uno dei giochi è o papa di riferimento proprio a san Nicola Vescovo. Alla vigilia di san Nicola è ancora usanza, in alcuni paesi dell’Angitola (Maierato), di mettere dietro la porta di casa una scarpa, in quanto San Nicola, al suo passaggio lascerà in essa dei doni: soldi e nocciole, oggi anche delle cioccolate! (in Spagna tale compito lo hanno i re magi). Da qui il NIKOLAUS russo quanto il Babbo Natale americano.San Nicola, nella tradizione popolare calabrese in genere e vibonese in particolare viene richiamato nelle formule magiche contro il malocchio:
Santu Nicola di Ruma Venia
Parma e aliva a li mani portava
Subba all’artari li benidicia
Fora l’occhio di cc’attia…..
[San Nicola veniva da Roma/ in mano portava foglie di palma e rami di ulivo/ li benediva sull’altare/ – imprecando – che vada via il malocchio da…]
Questo santo, tra i pochi santi presenti sulla monetazione (il follaro di Bari del 1139) è protettore dei marinai, dei contadini, delle donne in cerca di marito, dei bambini, delle donne gravide, dei contadini, dei farmacisti.
Altro ad occuparsi della storia di San Nicola è stato il Generale Mario Pileggi, autore del libro San Nicola di Bari, dove descrive la devozione e la storia.
Deh vieni, o potente
pastore di Mira!
un raggio c’ispira
sa santa bontà.
D’amore celeste
il cuore ne accendi
proteggi e difenti
la nostra città.
Tu angelo eletto
tra spoglia mortale,
sei vio nel frale
sei vivo nel ciel.
Negli occhi ti brilla
un raggio divino
nell’aspro cammino,
sei guida fedel.
Oh quanti devoti
soggetti e scettrati
tu vedi prostrati
tua tomba baciar.
A quanti morenti
sei speme fiorita
tua manna gradita
può tutto salvar.
Da quando bambino
offrivi al Signore
il candido fiore
de’ primi tuoi dì.
Da quando agli agguati
dell’angiol ribelle
tre caste donzelle
tua mano rapì.
Bastone de’ zoppi
favella dei muti
tra mille saluti
tuo nome suonò.
Speranza alla terra
terrore all’Inferno,
salivi all’Eterno
che sempre t’amò.
Or vieni, e s’allegra
d’intorno natura,
la notte più scura
s’aggiorna per te.
Tu levi la destra,
e il cieco già vede:
chi cerca con fede
impetra mercé.
Tra fervide preci
di vecchi tremanti,
tra gli inni festanti
de’ nostri nocchier.
Tu vieni e richiami
da terre remote
a Bari devote
le genti stranier.
A festa vestita
la nostra marina,
novella regina
rassembra del mare.
Saltellano i pargoli
accanto alle madri,
si legge ne’ padri
un santo esultar.
Si svegliano al gaudio
ancor nella fossa
le gelide ossa
de’ nostri maggior.
Che posero i petti
a mille perigli,
per dare a’ lor figli
sì ricco tesor.
O sole di Licia,
decoro di Bari,
signore dei mari,
conforto a virtù.
Ci salva da’ morsi
dell’angue infernale,
o Amico immortale
del nostro Gesù!
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