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Tutti conosciamo le Terme di Caronte per le sue acque benefiche, termominerali ricche di zolfo, calcio e potassio, per i fanghi, bagni, le inalazioni e le cure estetiche. Forse conosciamo meno la sua ricca storia.
Le acque termali Caronte furono usate sin dall’antichità.
Ne hanno beneficiato i Romani, ma probabilmente le conoscevano anche i Greci. Sono state trovate delle monete coniate nella città greca di Terina, fondata dai Crotoniati nella piana di Sant’Eufemia nel 500 a.C. Oggi esistono ancora i ruderi di questa città, purtroppo non visitabili in quanto sono coperti da una fitta vegetazione. Queste monete, che risalgono al III secolo a.C., raffigurano una sirena che attinge acqua da una fonte. Potrebbe trattarsi della mitologica sirena Ligea. Secondo la leggenda, tre sorelle furono trasformate in sirene dalla dea Demetra, in quanto esse non salvarono la figlia Persefone, loro compagna di gioco, dal rapimento di Ade. La leggenda narra ancora: “Ulisse, nel prosieguo del suo viaggio via mare, incontrò tre affascinanti sirene ammaliatrici, dal corpo di pesce e dal volte angelico, ma ingannatore. Le sirene, i cui nomi erano Partenope, Leucosia e Ligea, erano sorelle e cercarono di stregare Ulisse con il loro canto melodioso e terribile. Ulisse, però, non si fece trarre in inganno e le sirene, per la vergogna di essere state rifiutate, si tolsero la vita. Prima si buttò nelle acque Partenope, dopo Leucosia e infine, ormai sola al mondo, anche Ligea, la più piccolina, si lanciò al seguito delle sorelle. Il suo corpo fu trasportato dalle onde del mare fino ad arrivare esanime nel Golfo di Sant’Eufemia Lamezia, allora antica città greca di Terina” (la leggenda è tratta dal libro che ho scritto con Loredana Turco, LEGENDABRIA, Publigrafic Edizioni). Una storia, quella delle sirene, narrata in molte produzioni letterarie antiche, da Omero nell’Odissea, dal poeta calcidese Licofrone (330 a.C.) nel suo poema Alessandra, dal poeta greco Apollonio Rodio (295 a.C.) con Le Argonautiche.
Nel 1998, nella Piazzetta S. Domenico di Nicastro (Lamezia Terme), fu inaugurata la statua dell’artista napoletano Dalisi, che raffigura la sirena Ligea.
Gli abitanti di Terina furono dispersi da Annibale nel 203 a.C., e la sua vera e propria fine avvenne probabilmente ad opera dei Saraceni nel 950.
Roberto il Guiscardo sostò alle Terme con le sue truppe nel 1056 per riprendersi dalle fatiche di una battaglia.
Il figlio di Federico II, Enrico, ammalatosi di lebbra frequentò le Terme con la speranza di guarire. Il suo destino fu tragico, cadde in un dirupo col suo cavallo mentre veniva trasferito nel castello di Martirano (CZ).
Dal 1716 le Terme vennero gestite dalla famiglia Cataldi.
Si potrebbe pensare che il nome di Caronte, attribuito alle Terme, si riferisca al traghettatore dell’oltretomba dei Greci, degli Etruschi e dei Romani, che trasporta oltre il fiume Acheronte le anime dei morti.
In realtà questo termine potrebbe riferirsi al numero 40, una distorsione della parola “quaranta”.
Da documentazioni di archivio, tra i secoli IX – X, dei monaci basiliani giunsero nei pressi delle Terme per fondare una abbazia intitolata ai Santi Quaranta Martiri, i cui ruderi, probabilmente, si trovano sul Monte S. Elia. Si narra che i Saraceni distrussero l’abbazia e uccisero i monaci, buttando una loro statua della Madonna nel torrente Bagni. Oggi la statua è custodita nel museo delle Terme.
Ecco la storia dei Quaranta Santi Martiri:
Nel 320 durante la persecuzione scatenata da Licinio Valerio (250 ca.- 325) imperatore romano, Augusto dal 303 e associato nel 313 da Costantino per l’impero d’Oriente, quaranta soldati provenienti da diversi luoghi della Cappadocia, furono arrestati perché cristiani.Fu posta loro l’alternativa di rinnegare la loro religione o di subire la morte, ma tutti rimasero fermi nella fede cristiana. Furono così condannati ad essere esposti nudi al freddo invernale e morire per assideramento. Il martirio ebbe luogo il 9 marzo, nel cortile del ginnasio annesso alle Terme della città di Sebastia in Armenia (odierna Siwas in Turchia), sopra uno stagno gelato. Sul luogo era stato preparato anche un bagno caldo per coloro che avessero voluto tornare sulla loro decisione. Durante la lunga esecuzione, uno dei condannati Melezio, non resse al supplizio e chiese di passare nel bagno caldo, ma lo sbalzo di temperatura troppo forte gli causò una morte istantanea.
Il suo posto però fu preso subito dal custode del ginnasio, colpito dalla loro fede e da una visione. Si spogliò e gridando che era un cristiano, si unì agli altri riportando il numero dei martiri a 40.
Si suppone che i monaci basiliani che fondarono l’abbazia nei pressi delle Terme, scelsero di proposito quella zona in quanto era simile al luogo di martirio dei Santi Quaranta.
All’interno delle Terme, si trova una chiesa intitolata ai SS. Quaranta Martiri. Oggi è ridotta a rudere. Esiste la facciata, l’altare ed i muri perimetrali. Questa struttura attuale risale al XIX secolo. Il piano in cotto risale tra i secoli XVIII – XIX. Esistono altri livelli pavimentali precedenti che attestano varie fasi di frequentazione. Appartengono al periodo postmedievale le 10 tombe con sepolture singole e multiple. Tra i reperti, furono rinvenuti una lucerna romana del II – I sec. a.C., monete e frammenti di ceramica dell’età angioina (XIII – XIV), altre monete dei secoli XVII – XVIII.
La prova del periodo bizantino è l’altare orientato ad est e la sagoma dell’abside con prothesis e diaconicon, le nicchie rispettivamente a sinistra e a destra dell’abside che servivano per la conservazione degli oggetti e dei paramenti sacri.
Dietro l’abisde esisteva una fornace di età angioina per le attività di cantiere. Esistono altre due tombe rettangolari, rivestite da laterizi romani.