Una mostra per Marilyn con trentuno artisti presso il Museo Dac di Diamante Cosenza. La mostra aprirà i battenti mercoledì 11 settembre, per sabato 14 alle ore 19,00 è previsto un incontro pubblico con gli artisti.
L’evento è parte integrante e ben incastonato nella trentaduesima edizione internazionale del Peperoncino Festival, storico appuntamento della rinomata cittadina calabrese. La mostra è a cura di Amedeo Fusco, attore di successo, imprenditore e organizzatore attualmente impegnato sulle scene per la performances one man show “Amedeo Fusco racconta Frida Kalho” – che ha giù portato in scena in tante città del mondo – Fusco è organizzatore di tante iniziative d’arte, per l’esposizione dedicata a Marilyn si avvarrà della collaborazione di Rosario Sprovieri, ex direttore del Teatro dei Dioscuri al Quirinale a Roma, scrittore e amico di tanti rinomati artisti.
Marilyn Monroe a sessanta e più anni dalla scomparsa: “Piccante di natura” è il titolo della mostra d’arte celebrativa della donna per antonomasia icona di sensualità e femminilità. Le apposite realizzazioni in mostra sono opera degli artisti: Rita Albergamo, Demmy Avanzi, B. Maria Isabella, Arturo Barbante, Maria Rosa Beghelli, Rosario Bello, Carla Boi, Gianfranco Brusegan, Sabrina Cappuzzello, Carmelo Carrubba, Annalisa Cavallo, Sergio Cimbali, Salvatore Denaro, Salvo Di Stefano, Rocco Epifanio, Salvatore Gerbino, Rosetta Giombarresi, Rita Guardavascio, Enrico Guerrini, Sara Manzoni, Daria Minotti, Sebastiano Montalto, Lucio Morando, Pippo Pace, Dino Puglisi, Maria Romeo, Loredana Sala, Pamela Siciliano, Roberto Trucco, Paola Ummarino, Reyna Zapata. Sono Artisti molto originali e affermati interpreti dell’arte pittorica e scultorea che hanno inteso dare testimonianza concreta all’input della Kermesse 2024 sul versante del “piccante” assoluto.
Piccante, pungente, hot, piccantino, piccantuccio, mordace… il termine deriva dal participio presente del verbo “piquer”, (antico francese medievale) e, voleva dire: “perforare con una spada”. Oggi, la parola indica soprattutto un sapore pungente e penetrante, e questo, gli amanti del peperoncino, lo sanno da tempo! “Piccante” però può essere anche un simpatico aggettivo per descrivere una persona particolarmente sagace, ironica. Una persona che ha la tendenza a graffiare con le parole, con allusioni e con ogni sorta di insinuazione, ma è anche un sinonimo delle parole: spinto, audace, che solletica interesse, attenzione, desiderio, sensualità, audacia e dell’essere sexy. Quel piccante che diventa anche hot, fino a diventarne quasi sinonimo. In Italia, dapprima, l’inglesismo hot è entrato come parola riferita al peperoncino, ma è anche vero che questo termine si è diffuso immediatamente con una sfaccettatura particolare, proprio per la sua sfumatura afferente alla sfrenata “sensualità”. Piccante-sensuale allora, riferito a ragazza/o particolarmente avvenente, ha lasciato un po’ in ombra il peperoncino per il quale si continua a parlare soprattutto solamente di “piccante”.
La piccantezza è, per prima cosa, una percezione sensoriale, causata dalle sostanze chimiche capaci di stimolare direttamente i ricettori del calore, ma nell’accezione aggiuntiva tendente all’Hot, in genere, come oramai è patrimonio orale di tutti, sappiamo, che sta ad indicare la donna astuta e seducente, la bellezza femminile che irretisce gli uomini con il suo fascino, che li ammalia con quel suo charme che la rende desiderabile e diabolica. Piccante-hot è per la donna accattivante, connivente, seduttrice, ingannevole: molte volte addirittura irraggiungibile sacerdotessa mistica. Donna fatale, dallo stile impeccabile che trasuda sex appeal, sia che indossi abiti succinti o abiti attillati o lingerie delicata.
Ecco allora la vera immagine iconica, l’Icona romantica della bellezza femminile incredibile che, Marilyn Monroe incarna totalmente e, che senza alcun forse, ne fà addirittura l’immagine femminile idilliaca, più amata e più desiderata della modernità del nostro tempo.
La rassegna pittorica di Diamante allora, coglie il lato più popolare della storia di questa figura femminile e ne cerca con gli autori della pittura e della scultura, l’immagine custodita nella “memoria” dell’arte e dei suoi grandi interpreti.
Gli organizzatori per questo hanno diramato un apposito bando chiamando in causa trentuno artisti di ottimo spessore, per la riproposizione dell’indimenticata attrice americana “Norma Jeane Mortenson” Marilyn Monroe e per il “piccante” posseduto da ogni donna.
Gli organizzatori si sono voluti affidare al disegno che, è forse la meno oscura di tutte le arti e, la più vicina parente della complessità del pensiero. Il ritratto, infatti è realizzato a forza di pazienza, perché quella raffigurazione che finisce per fissare tutto un essere; non già solo un episodio; non più un imperturbabile essenza chiusa in sé, come – di solito – succede per la scultura; ma, piuttosto, un riprendere quell’immagine proposta da Hegel: la soggettività infinita. La determinazione e la scelta dei curatori è stata quella di visibilità a quella lenta formazione – che costituisce l’opera di ogni pittore – facendo tesoro di quella natura carica di ricordi, di quella figura della memoria arricchita, riplasmata e modificata, con la ricchezza e l’accumulo delle molteplicità di tutte le esperienze riunite che il pittore riesce a fissare sulla tela, per sempre. Fusco e Sprovieri hanno inteso sottolineare, attraverso le opere in mostra; proprio la complessità della memoria umana: “E’ la memoria che è la storia di un’anima che viene richiusa nell’opera”. Il ritratto, infatti, porta in sé un segreto di socievolezza comunicativa ed una forza di simpatia che raramente troviamo nelle statue. Sa di solitudine la statua. Perché la statua è sola! La statua non ci vede e resta muta. La pittura invece è viva; viva è la pittura colloquiale; come ebbe a dire Stendhal dinanzi al ritratto di una giovane così bella che: ”i suoi occhi sembravano conversare con le cose che d’intorno guardava”. All’esperto pittore, all’artista sensibile, spetta di spiare fra i segni, fra i più piccoli particolari, fra i dettagli invisibili agli occhi, per poi preparare bene il loro posto carico ed emotivo; questo spetta all’alchimia pittorica. Conservare riprendere, definire, accumulare tutte queste prove in un segno, in appunti fatti da mille tracce sottili. È’ questo il ritratto, che non ha l’equivalente e che lo stesso modello non potrà mai uguagliare, ma che solo per mano del pittore riesce ad arrivare ad ottenere maggior somiglianza con la sua natura stessa.
Il pittore, compie una vera e propria magia, dopo un cammino di ricerca, una indagine logorante, per un sentiero estremamente tortuoso che, solo attraverso la propria pazienza e il proprio mestiere, gli potrà permette di cogliere l’anima, l’anima più profonda nella sua mutevolezza e nell’apparenza espressiva che egli viene componendo, man mano, di sforzo in sforzo, dando espressione finale alla quella vita interiore, segreta che si è a poco a poco costruita.
Il pittore – da sempre – è forse il vero psicologo dell’anima, e lui che possiede ogni segreto della fucina, si è specializzato nella scelta dei momenti e dei segni, sa filtrare tutto al vaglio del pensiero, sa scartare istanti, guizzi e luci d’ogni rifrangenza e per questo riesce a preparare scarnificando ogni immagine, dando essenzialità e colore alla definizione d’amore della sua preziosa, ricca, visione umana. Un tragitto intenso: “dagli occhi al cuore”, tutto in favore della bellezza, per una contemplazione imperitura senza mai fine.

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