Calabria ricca di personaggi, religiosi, scrittori, politici. La maggior parte molto rinomati all’interno dei confini regionali, ma come abbiamo appreso nelle pubblicazioni precedenti, anche nazionali. La Calabria ha da sempre sfornato menti eccellenti, molti legati alla chiesa, che al tempo permetteva di studiare. Oggi nella nostra rubrica andremo a parlare di Francesco Saverio Salfi, nato a Cosenza il 1 gennaio 1759. La sua fortuna e’ stata quella di entrare in seminario e ricevere i voti, prima di accedere all’Accademia dei Costanti. Nel 1786 scrisse un saggio di stampo illuministico contro le credenze popolari legate al catastrofico terremoto del 1783. Il saggio fu avversato dalle autorità ecclesiastiche, le quali tuttavia non poterono intraprendere provvedimenti contro Salfi per l’opposizione del governo napoletano, in particolare del ministro degli Affari ecclesiastici Carlo de Marco.
Nel 1787 si stabilì a Napoli dove insegnò discipline letterarie, entrando in contatto con gli intellettuali illuministi tra questi Gaetano Filangieri, Mario Pagano, Antonio Jerocades, Nicola Pacifico, cosi che progressivamente si allontano’ dalla Chiesa. Nel 1788, in occasione del rifiuto al pagamento della chinea allo Stato Pontificio da parte del governo di Ferdinando IV di Napoli, scrisse una satira contro lo stato pontificio e in favore della politica napoletana.
Nel 1792 fu uno degli intellettuali che a Napoli incontrarono l’ammiraglio francese Latouche-Tréville ed entrò nella Società Patriottica Napoletana. Per evitare il processo, nel 1794 riuscì a fuggire da Napoli e riparare dapprima a Genova, dove abbandonò l’abito ecclesiastico, e poi a Brescia e a Milano, dove cambio il nome in “Franco” e collaborò attivamente al repubblicano “Termometro politico della Lombardia”. In questo periodo si dedico’ al teatro prestando attenzione al linguaggio del popolo. Oltre alla satira del generale Colli, per esempio, tradusse in canzonetta la prima parte della Dichiarazione del 1789.
Ritornò a Napoli assieme al generale Championnet il 5 dicembre 1798 e assunse l’incarico di segretario del governo provvisorio della Repubblica napoletana. Nel febbraio 1799, dopo la sostituzione di Carlo Lauberg con Ignazio Ciaia alla guida della Repubblica napoletana, andò in Francia dove, dalle pagine della “Biographie universelle” della “Revue encyclopédique” fece soprattutto opera di diffusione della letteratura italiana. Tornato in Italia nel 1800, dopo la battaglia di Marengo, fu insegnante di logica e metafisica, e poi di storia e diritto nel ginnasio di Brera. Con Romagnosi e Anelli dirige, a Milano, la Scuola di Alta Legislazione prima del nuovo esilio in Francia.
Massone, membro della loggia di Brescia Amalia Augusta, fondata nel 1806 e Maestro venerabile della loggia milanese Gioseffina nel 1808, fu consigliere di Gioacchino Murat. Nel 1815 si ritirò definitivamente in Francia; rimase tuttavia sempre attento agli avvenimenti italiani.
Nel 1831 stilò,, come primo firmatario, con Filippo Buonarroti il testo del Proclama al popolo italiano dalle Alpi all’Etna che avrebbe dovuto servire a un movimento insurrezionale repubblicano a cui stavano interessandosi, con l’appoggio del marchese de La Fayette, alcuni fuorusciti italiani, in cui si affermava: non può esistere libertà senza indipendenza, né indipendenza senza forza, né forza senza unità.
Come poeta, compose liriche su Napoleone. Più importanti appaiono oggi i discorsi: Dell’uso dell’istoria (1807) e Dell’influenza della storia (1815) in polemica con le tesi antistoriche di Melchiorre Delfico; L’Italie au dix-neuvième siècle (1821) e soprattutto la continuazione della storia della letteratura italiana del Ginguené, pubblicata postuma.
Molto importante è inoltre il Manuale della storia della letteratura italiana, pubblicato anch’esso postumo nel 1834. Giudicato dallo stesso Salfi “un saggio storico sulla letteratura italiana”, il manuale è suddiviso in periodi che vanno dal 75º anno di ogni secolo al 75º anno successivo, e fornisce una visione della letteratura italiana meno frammentata del consueto. Mori a Parigi nel 1832.