La Storia della Calabria ci riporta a un grande umanista, spesso nominato dagli scrittori locali ma che effettivamente e’ stato un rivoluzionario del tempo. Stiamo parlando di Gabriele Barrio. Nato a Francica, centro nella provincia di Vibo Valentia, nel 1506, fu ordinato sacerdote dopo essere entrato nel convento dei Minimi. si recò dapprima a Napoli, per proseguire gli studi, e successivamente a Roma probabilmente su invito del custode della Biblioteca Vaticana monsignor Guglielmo Sirleto anche lui calabrese, di Stilo.
Nel 1554 vide la luce a Roma presso la tipografia di Girolama Cartolari un volume di oltre 500 pagine in 8° che riuniva tre scritti diversi di Barrio: il Pro lingua Latina, il De aeternitate urbis e il De laudibus Italiae. Girolama, moglie del celebre stampatore Baldassarre Cartolari, alla morte del marito ne aveva proseguito l’attività, lavorando in stretto contatto con la curia papale. È presso di lei che Barrio, a proprie spese, riuscì a far pubblicare i tre scritti.
Nella capitale, intorno al 1571 pubblicò l’opera più nota, la prima storia della Calabria: De antiquitate et situ Calabriae. Libri quinque. Scritta in latino, l’opera è stata tradotta in italiano soltanto nel 1971 . La prima edizione del De antiquitate et situ Calabriae si rivelò talmente piena di errori e di lacune che il Barrio tentò di emenderla in vista di una seconda edizione. La morte, avvenuta nel suo paese natio nel 1577 interruppe quel lavoro che fu portato a termine da Tommaso Aceti nel 1737.
L’opera fu il frutto di numerosi viaggi in Calabria e ricerche sistematiche per delineare la storia, la cultura e il territorio calabrese. Il De antiquitate et situ Calabriae si divide in cinque libri distinti per argomenti: Il primo in ventidue capitoli, tratta della Calabria in generale, particolarmente sotto l’aspetto storico: il penultimo capitolo di questo libro affronta il problema dei dialetti calabresi. Nei libri dal secondo al quinto, in ottantaquattro capitoli, si legge la descrizione particolareggiata della Calabria nei suoi aspetti fisici (coste, rilievi, idrografia), antropici (centri abitati e personaggi che, nati o vissuti in essi, li resero noti), economici (foreste, agricoltura, prodotti).
L’esperienza romana fu certamente la più significativa, in tale quadro, essenziale per la fissazione del profilo personale e culturale di Barrio. Non erano pochi del resto gli intellettuali calabresi che nella seconda metà del secolo XVI vivevano più o meno stabilmente a Roma, godendo della protezione di nobili famiglie o di influenti membri della curia papale.
A Roma Barrio conobbe l’aquilano Bernardino Cirillo, che nel 1556 Paolo IV nominò Commendatore dell’Ospedale romano di Santo Spirito in Sassia, carica tenuta fino alla morte (1575).
Le opere storiche di questo periodo cercavano di rintracciare il patrimonio di tradizioni, di ideali e di imprese che costituiscono la prova della consistenza civile e della continuità propria ed originale, di ciascun popolo, di cui l’opera del Barrio è un esempio.
Il Barrio, per merito della sua opera, è stato spesso paragonato a Strabone, a Plinio e a Pausania, e Soria aggiungeva che per “sua mercè può dirsi di quella regione quel che fu scritto altre volte della Grecia: nec sine nomine saxum”. A Gabriele Barrio un paragone del genere avrebbe fatto indubbiamente piacere. Essere paragonato ad alcuni scrittori della classicità era la più grande ambizione di Barrio.
Tra le sue opere minori si può citare una biografia di Gioacchino da Fiore, inclusa nel testo ” Vaticinia ovvero prophetie dell’abate Gioacchino da Fiore, pubblicato come litografia da lastre di rame da Pasqualino Regiselmo nel 1589.
Nel suo centro natio sono molte le località a lui dedicate.