La nostra rubrica sugli scrittori calabresi, si avvia verso il Ventesimo secolo ed oggi andremo a trattare Nicola Misasi, che dalla sua Paterno Calabro in provincia di Cosenza viaggio verso Roma dove entro in contatto con scrittori del calibro di Carducci, Verga, D’Annunzio, Fogazzaro e Capuana. Misasi, figlio di Francesco Saverio e Giuseppina De Angelis rispettivamente guardia carceraria e casalinga, è cresciuto nel suo piccolo paese. Sin da piccolo si mostrò curioso di apprendere ma particolarmente insofferente alla disciplina scolastica, tanto da essere espulso in seconda ginnasiale, dalle scuole pubbliche frequentate nella vicina Cosenza. Formatosi da autodidatta, si dedicò abbastanza precocemente all’attività letteraria, con pubblicazione di opere letterarie ispirate allo stile dei romanzieri francesi come Emile Zola e Honoré de Balzac e di scrittori locali come Vincenzo Padula del quale abbiamo parlato la settimana scorsa. Nel 1874 sposò Concetta Galati, figlia di un noto avvocato di Monteleone, attuale Vibo Valentia.


Nel 1880 si trasferì a Napoli, su invito del giornalista Michele Cafiero, all’epoca direttore del quotidiano Corriere del mattino. Proprio su quella testata pubblicò alcune novelle che lo portarono all’attenzione degli intellettuali partenopei. Ebbe così contatti con Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio e Salvatore di Giacomo. Nel 1881 pubblicò la raccolta Racconti Calabresi, composta da novelle di ispirazione verghiana che conservano tuttavia, per la ricerca eccessiva di effetti patetici e di colore locale, i toni romantici della letteratura della prima metà dell’Ottocento.
Nel 1882 si recò a Roma, su invito dell’editore Angelo Sommaruga e collaborò alle riviste “Cronaca bizantina” e il Fanfulla della Domenica e l’anno successivo pubblicò la raccolta di novelle In Magna Sila, e il romanzo Marito e sacerdote.


Nel 1884, pur privo di titoli di studio, fu nominato «per chiara fama» professore di letteratura italiana presso il liceo Gaetano Filangieri di Vibo Valentia, la città natale di sua moglie, morta due anni dopo e iniziò la carriera di insegnante di lettere in licei della Calabria, dapprima a Vibo Valentia, e dal 1892 a Cosenza, al Liceo classico Bernardino Telesio. Iniziò una imponente attività pubblicistica, pubblicando romanzi e racconti a puntate, resoconti di viaggi e studi di carattere socioeconomico e storico sulla Calabria. Dal 1915, poco tempo dopo l’inizio della Prima Guerra Mondiale, abbandonò l’insegnamento e si ritirò in un piccolo paese, San Fili. Nel 1922 si trasferì a Roma dai figli e nella capitale morì pochi mesi dopo, il 23 novembre 1923.

Per omaggiarlo, il suo paese natio nel 2018 le ha intitolato la biblioteca comunale.

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