Di solito quando pensiamo a un vaccino, immaginiamo una sostanza che viene somministrata per stimolare la risposta immunitaria di un individuo verso un particolare micro-organismo infettivo (per esempio un virus) con l’obiettivo di proteggerlo contro la malattia causata da quell’agente.
Alcuni studi clinici recenti hanno cominciato a fornire nuove evidenze in favore dell’ ipotesi che le vaccinazioni contro alcune delle più comuni malattie infettive proteggerebbero anche contro l’insorgere o il decorso della malattia dell’Alzheimer.

Comunque è importante notare subito che questa notizia non è completamente nuova ne’ sorprendente in quanto già da qualche anno esistevano delle osservazioni empiriche in supporto dell’idea che l’attivazione del sistema immunitario che deriva dall’amministrazione di un vaccino anti-virale potrebbe prevenire o rallentare l’esordio della malattia dell’Alzheimer. Infatti, in precedenza alcuni studi condotti su un numero limitato di pazienti avevano presentato alcuni dati molto incoraggianti su una possibile relazione tra le vaccinazioni ricevute e il rischio di sviluppare la demenza negli anni successivi.

In uno studio recente, gli autori hanno valutato più di 200.000 persone adulte che avevano ricevuto le comuni vaccinazioni normalmente raccomandate negli Stati Uniti dal Centro Nazionale di Prevenzione e Controllo delle malattie, come ad esempio il vaccino contro la difterite, il tetano, e lo pneumococco. Dall’altro lato dello studio, i ricercatori hanno valuto e usato come paragone un gruppo di persone adulte molto simili al primo da ogni punto do vista demografico, come età, sesso, istruzione scolastica etc. etc, che però non aveva ricevuto alcun vaccino.

Al momento dell’arruolamento nello studio, nessun di questi individui sia del primo che del secondo gruppo, aveva segni clinici evidenti di deficit cognitivo o demenza per almeno due anni prima della vaccinazione. Tutti gli individui arruolati avevano almeno 65 anni di età all’inizio dello studio e venivano poi seguiti per almeno altri 8 anni. Alla fine di tale periodo i ricercatori hanno esaminato il numero totale di casi di malattia di Alzheimer sviluppati in ognuno dei due gruppi.
Facendo tale analisi si è visto che messi a paragone con coloro che non erano mai stati vaccinati, gli individui che avevano ricevuto uno o più dei vaccini che abbiamo indicato prima avevano una riduzione significativa del rischio di sviluppare l’Alzheimer tra il 25-30%.
Questo studio è molto importante non solo perché conferma le osservazioni preliminari sulla somministrazione dei vaccini e il rischio di sviluppare la demenza, ma anche perché è in linea con alcune osservazioni molto recenti che hanno indicato come l’esposizione ad agenti infettivi (come ad esempio il virus herpes) potrebbe essere considerato un nuovo fattore di rischio per sviluppare la malattia di Alzheimer.


A tale proposito è interessante notare come un nuovo studio che ha esaminato la relazione tra essere vaccinati contro il virus herpes zoster (responsabile della malattia “fuoco di Sant’ Antonio”) e l’insorgenza di demenza ha infatti confermato che questa vaccinazione ha un effetto decisamente positivo nel prevenire la demenza. Nonostante tutti questi risultati siano molto interessanti e incoraggianti per noi tutti, ci sono ancora alcune domande a cui non abbiamo una risposta chiara.

Una domanda chiave è per esempio la seguente: quale è il meccanismo attraverso il quale la somministrazione di questi vaccini proteggerebbe contro l’insorgenza della malattia di Alzheimer?
Una risposta possibile a questa domanda è che i vaccini fornendo le istruzioni al sistema immunitario per rispondere ad un particolare agente infettivo indirettamente preparerebbero le cellule immunologiche a rispondere più efficacemente ad un insulto o danno al cervello. Un’altra ipotesi anche essa valida è che i vaccini preparerebbero le cellule immunitarie del cervello a produrre una risposta reattiva di natura infiammatoria solo protettiva, senza gli aspetti negativi, e quindi capace di rimuovere eventuali agenti dannosi senza creare danno al cervello, anzi proteggendolo.

In conclusione, i vaccini non solo salvano la vita di milioni di persone contro malattie che altrimenti sarebbero mortali, ma oggi c’è un motivo in più per vaccinarsi in quanto questi strumenti terapeutici che sono alla portata di tutti possono anche fornire dei benefici a lungo termine che non avevamo mai considerato prima: la salute del nostro cervello.

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