Calabria terra di filosofi e scrittori e nell’arco del tempo troviamo un pensatore che ha sostenuto nuovo modo di concepire la natura rinascimentale, tanto da influenzare i grandi filosofi del secolo come Giordano Bruno, Cartesio, Francis Bacon e il nostro Tommaso Campanella. Stiamo parlando di Bernardino Telesio. Nato a Cosenza il 7 novembre 1509, iniziò i suoi studi con lo zio Antonio Telesio, umanista del tempo, che lo portò a Milano nel 1518, e poi a Roma nel 1521, dove soggiornarono fino al 1527, l’anno del saccheggio dei lanzichenecchi di Carlo V che lo imprigionarono. Liberato da Bernardino Martirano, amico del capo dei lanzichenecchi Filiberto d’Orange, Telesio si recò a Venezia e successivamente a Padova nella cui università studiò filosofia con Geronimo Amaltea e approfondì gli studi in matematica, astronomia e filosofia morale con Federico Delfino fino al 1535 anno in cui conseguì il dottorato.

A Padova, Telesio cominciò a elaborare la sua critica alla fisica aristotelica sviluppando quell’interesse per lo studio della natura a cui dedicò tutte le sue opere. Nello stesso periodo compose alcuni brevi componimenti poetici, riportati alla luce da Luca Irwin Fragale nel 2010.

Godendo del favore di alcuni papi da Clemente VII a Gregorio XIII, ma soprattutto della protezione della famiglia napoletana del Duca di Nocera, Alfonso Carafa che ospitandolo per lunghi periodi dal 1544 al 1550 e vi stette ancora dal 1565, gli permise di trovare il raccoglimento necessario per la sua opera maggiore: il “De rerum natura iuxta propria principia” Intorno alla natura secondo i suoi principi, che fu composto nel palazzo ducale di Nocera e dedicato al figlio del duca Alfonso Ferrante.

Dopo la prima composizione, avvenuta tra gli anni 1544-1552, l’opera fu pubblicata, per i primi due libri nel 1565, e nel 1586 nell’edizione completa in nove libri. Le successive opere minori riguardanti fenomeni fisici particolari, furono scritte con il fine di convalidare le teorie esposte nell’opera maggiore.

Nel 1552 Telesio sposò la vedova con due figli Diana Sersale, da cui ebbe quattro figli, il primogenito dei quali, Prospero, fu misteriosamente ucciso nel 1576.

Dopo la morte della moglie, papa Pio IV, gli offrì, a condizione della sua preventiva ordinazione a sacerdote, la nomina di arcivescovo di Cosenza, ma Telesio rifiutò a favore del fratello Tommaso.

Telesio trascorse gli ultimi anni della sua vita a Cosenza dove, dopo la morte di Aulo Giano Parrasio nel 1534, si era dedicato allo sviluppo degli studi filosofici-scientifici della locale accademia che da lui prenderà il nome di Accademia “telesiana”.

Ormai famoso tra gli studiosi del tempo morì a Cosenza nel 1588, rimpianto dai suoi discepoli che si adoperavano per la diffusione del suo pensiero, contrastato dal Sant’Uffizio che fece inserire per la concezione contraria alla Scrittura che Telesio nutriva dell’anima il Quod animal, il De somno, e il De rerum natura nell’Indice dei libri proibiti fatto pubblicare da Clemente VIII nel 1596.

Telesio per primo avanza l’idea che la conoscenza della natura debba basarsi sullo studio di principi naturali («iuxta propria principia») abbandonando ogni considerazione metafisica ma allo stesso tempo, come anche nelle dottrine di Tommaso Campanella e Giordano Bruno, rimanendo all’interno di una totalizzante visione filosofica della natura ricercandone i principi primi e riprendendo quella concezione ilozoista, panteistica e vitalistica dei presocratici e di Platone che sopravviveva nei circoli neoplatonici rinascimentali e nelle credenze magiche del tempo.
Questa ambivalenza tra il rifiuto della metafisica e l’aderenza a una filosofia della natura ha determinato giudizi discordanti su Telesio da vari autori che lo «pongono su un piano ora di continuità ora di rottura rispetto all’aristotelismo; è stato giudicato ora come il restauratore della filosofia di Parmenide, ora come il migliore dei naturalisti presocratici, ora come un autore scarsamente originale. Ora come un “novateur”, ora come il primo dei moderni».

Contrariamente ad Aristotele che riteneva sommo bene dell’uomo l’esercizio della ragione, Telesio pensa che l’animale uomo consideri bene supremo la sua stessa conservazione fisica. L’etica quindi consiste nel giudicare bene tutto ciò che favorisce la propria conservazione, male tutto quello che la ostacola. Il bene sarà quindi riscontrabile nel piacere, il male nel dolore.

La visione totalizzante di Telesio riguarda la “natura”, non tutta la realtà nel suo insieme: perciò egli non esclude la presenza di un Dio trascendente creatore di un cosmo che non è regolato dal caso ma da leggi ordinatrici e l’esistenza nell’uomo di un’anima immortale (anima superaddita) che spiega i suoi atteggiamenti religiosi basati sulla ricerca di valori eterni e non naturali e dal bisogno umano di sperare in una giustizia divina ultraterrena.

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