Il nostro viaggio tra gli illustri scrittori calabresi di tutti i tempi, ci riporta nel Vibonese e oggi Andre a parlare del Signore di Monteleone di Calabria, Vito Capialbi. Nacque a Monteleone, l’odierna Vibo Valentia il 30 ottobre 1790, da Vincenzo dei marchesi di Carife e Rocca Sanfelice, e da Anna Marzano, una famiglia patrizia che aveva alle spalle una solida tradizione culturale. Rimasto orfano del padre a otto anni fu affidato prima alla cura dei padri basiliani del Collegio di Santo Spirito e successivamente a precettori privati in casa. Suoi maestri furono l’Abate Filippo Jacopo Pignatari, Giuseppe De Luca, Basilio Clary, che fu in seguito sarebbe diventato Arcivescovo a Bari. Fin da fanciullo mostrava una singolare predilezione per lo studio delle lingue classiche greca e latina. Rientrato in famiglia quando aveva quattordici anni, studiò  diritto civile e  canonico  e  teologia. Sospettato come nemico dal governo, in considerazione della fama di “massone” e “carbonaro” attribuitagli dalla polizia borbonica, non gli fu mai concesso di uscire dal Regno. Dal 1817 al 1819 fu sindaco della città di Monteleone.

Sposò Maria Teresa Capialbi, nata l’8 giugno 1791 e morta il 23 aprile 1875. Dal matrimonio nacquero tre figli: Vincenzo (21 dicembre 1808 – 18 marzo 1885); Anna (23 agosto 1810 – 1 ottobre 1849); Antonio (10 giugno 1812 – 19 dicembre 1886. Al Decennio francese, si fa risalire il suo interesse per la storia e l’archeologia. In quel periodo, oltretutto, nella città  Monteleone dove giunsero diversi studiosi stranieri, tra cui Aubin-Louis Millin ( storico e botanico) e Carlo Witte (giurista). Dopo aver compiuto i primi passi nella ristretta cerchia culturale locale con piccole produzioni destinate ai soci dell’Accademia Florimontana degli Invogliati, nella quale fu accolto nel 1809, quando aveva appena compiuto 18 anni, con il nome di Florimo Valentino, s’inserisce in un ambito culturale più ampio, con interessi che spaziavano dall’archeologia alla numismatica, dalla bibliofilia alla storia locale ed ecclesiastica calabrese. L’intensificarsi delle relazioni intrecciate, aumentano proporzionalmente la stima nei suoi confronti. L’adesione all’Istituto si concretizzò nel 1832 con la stampa del Cenno sulle mura d’lpponio e nel 1845 con la pubblicazione delle Inscriptionum Vibonensium specimen.

Alla stima e all’ammirazione goduta nell’ambiente culturale napoletano si deve invece la sua collaborazione all’opera curata da Domenico Martuscelli: Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli; in essa, infatti, tra il 1822 e 1830, pubblicò i profili biografici di diversi personaggi monteleonesi e non solo. Il suo rapporto con l’Istituto di Corrispondenza Archeologica e con i promotori dell’iniziativa editoriale delle Biografie non fu comunque asettica; infatti, con lealtà  non esitò a evidenziare criticità  e difetti, a proporre correzioni di rotta. Le sue osservazioni «scaturivano dalla necessità  di restituire all’erudizione storica la sua dignità  intellettuale. Applicato in modo costante nell’elaborazione delle sue memorie fu grande collezionista di reperti archeologici, epigrafici e numismatici, fu anche un attento bibliofilo e un collezionista di manoscritti, pergamene e incunaboli provenienti dagli aboliti conventi o reperiti sul mercato antiquario. Altri scritti relativi agli argomenti a lui più cari apparvero su «Il Calabrese », «Il Faro », «Il Pitagora », «La Fata Morgana » e «Il Maurolico ».Oltre che segretario perpetuo dell’Accademia Florimontana fin dal 1827, fu socio di altre 64 accademie letterarie, corrispondente di associazioni culturali e collaboratore di periodici storico-letterari.


Ebbe molti riconoscimenti. Papa Gregorio XVI lo decorò della Croce di S. Gregorio e gli accordò il titolo di suo cameriere d’onore. Il Duca di Lucca gli concesse la Croce di Cavaliere di S. Ludovico. Il Gran Duca di Toscana gli concesse di far valere i suoi titoli per l’ammissione nell’Ordine di S. Stefano. E infine Papa Pio IX con diploma del 9 luglio 1847 lo insignì del titolo di Conte, trasmissibile in eredità  ai discendenti maschi primogeniti. La Repubblica di S. Marino, e la Città  di Messina, ancora, lo iscrissero, insieme ai suoi, al loro Patriziato. La morte lo colse il giorno del suo 63 ° compleanno, dopo breve malattia. Nel 1946, l’Amministrazione Comunale di Vibo Valentia decide di intestare l’Istituto Magistrale all’illustre studioso sostituendo quello della Maestra Rosa Maltoni madre di Benito Mussolini. A lui è anche intestato il Museo archeologico istituito nel 1969.


Opere principali
Memorie per servire alla chiesa Miletese, Stamperia Porcelli, Napoli 1835;
Memorie delle tipografie calabresi con appendice sopra alcune biblioteche, la coltura delle lingue orientali, gli archivi della Calabria, Tipografia di Porcelli, Napoli 1835;
Memorie del Clero di Montelione, Tipografia di Porcelli, Napoli 1845;
Documenti inediti circa la voluta ribellione di F. Tommaso Campanella, Tipografia di Porcelli, Napoli 1845;
Opuscoli varii. Epistole, riviste, illustrazioni e descrizioni, 3 voll., Tipografia di Porcelli, Napoli 1849;
Lettere bibliografiche del cavaliere Angelo Maria d’Elci, sn., s.l. 1851;
Memorie per servire alla storia della Chiesa Tropeana,Pe’ tipi di Nicola Porcelli, Napoli 1852;
Notizie circa la vita, le opere e le edizioni di Messer Giovan Filippo La Legname cavaliere messinese e tipografo del secolo XV, Pe’ tipi di Nicola Porcelli, Napoli 1853;
La continuazione dell’Italia Sacra dell’Ughelli per i vescovadi di Calabria, (postumo, a cura di Hettore Capialbi), «Archivio storico della Calabria », 1912-1916: estr. anticip., Napoli 1913.

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