Ad accogliere chi visita il paese, sono le due maestose grotte rupestri comunicanti. Non so a quale periodo risalgano o se siano mai state abitate da monaci bizantini. Non ho la certezza se siano naturali o scavate dall’uomo. So solo che sono imponenti, c’è la presenza di qualche mensola e nicchia, e alcune pareti sono annerite per il consumo di lumi accese per illuminare gli ambienti. I gentili abitanti del paese mi hanno raccontato che servirono come rifugio ai tempi di guerra.
Il termine “Jonadi”, dal greco, potrebbe significare “Contrada delle viole”, in quanto, un tempo, le viole crescevano in abbondanza qui. Secondo altri potrebbe indicare “Ionici”, cioè un’antica stirpe greca. È probabile che il territorio fosse abitato in passato da greci e romani. Infine, dal greco bizantino, potrebbe derivare dal nome di una famigla, “Jonàdes”.
Da vedere sono i tanti eleganti portali, palazzi, le chiese, i ruderi del convento dei Padri Conventuali del 1595, costruito da padre Battista da Brognaturo sulla precedente chiesa dei SS Quaranta. I ruderi affiancano la chiesa di Santa Maria degli Angeli. Si narra che avvenne un miracolo in questa chiesa. Mentre il sacerdote celebrava la Messa, le candele che accompagnavano la liturgua stavano per spegnersi. All’improvviso si accese una candela da sola. Questa candela è custodita nella chiesa come reliquiario. Un’opera pregevole si può visitare all’interno della chiesa madre, di Santa Maria Maggiore. Si tratta di un ciborio in marmo. Sono presenti anche delle tele del 1700.
Nel 1464, San Francesco da Paola, mentre rientrava dalla Sicilia, pernottò in una casa di Jonadi.

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