E’ impressionante la quantità (e la qualità) dei riferimenti mitologici e letterari sul tema dei boschi e delle foreste (senza accennare ad altre forme di arte, come la pittura, l’architettura del paesaggio, la storia, l’antropologia e persino la psicanalisi).
E’ tuttavia certo che si dà poca importanza (e ciò è dovuto alla ignoranza) al”senso” che avevano i miti, le leggende e persino le favole intorno al tema della foresta.
Il senso di questa enorme “narrazione” mitica è che le foreste e i boschi rappresentavano qualcosa di “sacro ed affascinante” allo stesso tempo : erano il simbolo stesso della vita, della bellezza e prosperità di un territorio e ad essi molti popoli dedicavano una cura, un rispetto e un “rivestimento” quasi religioso. La differenza tra noi moderni e i popoli antichi (oppure i popoli tuttora legati alle foreste come gli indios dell’Amazzonia o le tribù della Papuasia, o i popoli dell’Africa tropicale, o gli aborigeni dell’Australia) è profonda, nel senso che questi popoli, che noi chiamiamo “selvaggi e primitivi”, avevano proiettato sulle foreste e sui boschi una dignità, una sacralità, che rappresentava molto meglio una difesa dell’ambiente e della natura di quanto non lo siano le nostre Soprintendenze istituzionali.
Un solo accenno : se le nostre Soprintendenze non “vedono” (o per inerzia o perché corrotte), noi moderni siamo capaci di distruggere i boschi e le foreste, noi uomini del progresso e della tecnologia avanzata, li consideriamo quasi solo come fonte di speculazione, di materiali, di business, con un approccio totalmente privo di ogni segno e di ogni simbolo che dia ad essi un’altra dimensione che non sia puramente materialistica.
Gli antichi, i primitivi, i selvaggi, al contrario, elaborarono i miti e con essi la presenza del sacro( di Dei, di ninfe, e persino di tabù e di narrazioni dense di timore) perché in loro la “Soprintendenza” era assimilata nel centro della loro stessa vita interiore.
Tutti noi sappiamo quanto sia migliore una società e una etica dei comportamenti, che poggia o abbia la fortuna di poggiare su una convinzione interiore, su una motivazione intrinseca, piuttosto che solo su una motivazione estrinseca, come è appunto quella di tipo legale.
E’ diffusa, nella nostra società, in particolare proprio quella italiana, una mentalità che è pronta a osservare le leggi, le norme e i comportamenti di rispetto dell’ambiente, solo se avverte la minaccia di una sanzione, ma dentro il cuore delle persone non esiste nessuna traccia di intima convinzione che ci faccia comportare in modo moralmente integro, a prescindere dall’esistenza stessa di una legge penale o di una coercizione esterna, nei confronti della natura, del paesaggio, dei beni ambientali e culturali. Continua giovedì 19 maggio…. Prof. Romano Toppan Docente di Economia del Turismo e della Cultura
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