Nel 1897, dalla Calabria si imbarcano verso l’America molti adolescenti che al paese avevano ereditato la zappa come i principi la corona. Molti ragazzi non completeranno nemmeno le scuole elementari. Il loro destino è legato ai lavori della terra o all’apprendere un mestiere.
Calzolai, musicisti, falegnami, fabbri, barbieri, sarti saranno i primi che, ricevuto l’attestato dal proprio mastro di bottega, si imbarcarono a cercare fortuna nella terra a stelle e strisce. Nella Great Hall, di Ellis Island, tanti padri e figli attesero, sotto strazianti condizioni, ammassati come capi di bestiame, l’OK per toccare il suolo americano e vivere il sogno nella
great apple, dove le tentazioni sono viste come opportunità e, allo stesso tempo, visioni di cambiamento. Una realtà che fortemente è espressa nella canzone New York, New York di Liza Minnelli. Molti affrontarono storditi quel nuovo mondo a cui avevano affidato tutto, dopo avere
abbandonato madri e sorelle, padri e paesani, amori e passioni, rughe di paesi e viottoli di campagna segnate da edicole a cui si era soliti affidare la propria giornata lavorativa che, in questo periodo, andava dall’alba al tramonto per pochi centesimi al giorno. Alle visite della Great Hall, però, non tutti riuscirono a camminare tra le streets e i quartieri del nuovo mondo, il 2% fu rispedito indietro come merce scaduta o avariata. Molti per la vergogna pur di non essere derisi al paese decisero di suicidarsi in mare buttandosi giù dalla nave rimpatrio, i piroscafi della vergogna.
Chicago, Boston, New York, Pittsburgh, Philadelphia erano le mete da raggiungere, in queste città, a partire dal 1890, l’espansione dell’edilizia cresceva a dismisura. Dalla nave, dopo quasi 30 giorni di navigazione, l’avvistamento della Statua della Libertà dava comunicava a
tanti bewildered immigrants (spaesati) che si era giunti nel luogo dove cambiare il proprio destino era possibile. Da lontano si guardava storditi a questa immagine come alla Madonna delle Grazie o alla Madonna del Soccorso che li stava aspettando per introdurli nella terra del promessa. Continua dopo foto
Tanti adolescenti divennero anche preda di sfruttatori, e all’inizio tante cose non andarono per il verso giusto, un processo sociale che in Canada divenne studio di un fenomeno giovanile di cui si occupò il sociologo e giornalista di Toronto del “Globe and Mail” Kenneth Bagnell
(1934 -2022), nel volume The Little Immigrants, the orphan who came to Canada, un lavoro carico di pathos. in quest’opera l’autore racconta storie di bambini orfani di ogni età che dalle
isole britanniche furono portati, la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in Canada e
assegnati a famiglie per usarli nei lavori dei campi. Horace Weir, un ragazzo di appena 11 anni, insieme ai fratelli e alle sorelle, appena giunti a Halifax furono costretti a prendere vie
diverse.