Il nucleo più antico della chiesa pare sia la Cappella del Crocifisso, detta anche “Rosariello”, in quanto da l’accesso all’Oratorio del Rosario. In origine era la chiesa di San Matteo, assegnata ai padri Domenicani nel 1240. Nel 1448 il conte di Altomonte e duca di San Marco Argentano, Antonio Sanseverino, cede ai Domenicani il suo palazzo ed i territori adiacenti alla chiesa di San Matteo con lo scopo di edificare la nuova chiesa.
Questa fu consacrata l’8 maggio 1468 e dedicata alla Beata Vergine della Misericordia. Oggi è conosciuta come la chiesa di San Domenico.
Nell’antica cappella del Crocifisso (originaria chiesa di San Matteo) si trovano, il Crocifisso ligneo del 1500, il già citato Oratorio del Rosario del 1630 ed il complesso scultoreo in marmo di Carrara noto come la Madonna della Febbre. Fu scolpito intorno al 1540 e viene attribuito a Giovanni da Nola, oppure, tesi più accreditata, a due scultori spagnoli: Bartolomé Ordõne e Diego de Siloe.
La Madonna della Febbre potrebbe avere una radice pagana legata al mese di febbraio.
Per i Romani febbraio era l’ultimo mese dell’anno e si decise di dedicarlo alla purificazione. Il termine “purificare”, dal latino “februare”, deriva dal nome della dea Febris (che secondo alcuni a sua volta deriva dal nome del dio etrusco Februus legato alle malattie portate dal freddo).
La febbre era un mezzo di purificazione per i romani. La dea Febris era associata alla guarigione dalla febbre. Con l’avvento del Cristianesimo, la protettrice dalla febbre divenne la Madonna.
Togliendo il riferimento pagano, il titolo attribuito a Maria come Madonna della Febbre potrebbe semplicemente essere l’invocazione rivolta a lei per la protezione contro la piressia.
Il complesso scultoreo si trova nella cappella della famiglia Martucci a sinistra subito dopo l’ingresso. La base del gruppo scultoreo raffigura la Natività e l’Adorazione dei Magi, con ai lati l’Annunciazione e la Resurrezione. Nella lunetta è visibile l’Eterno Padre, sulla predella sono rappresentati 9 apostoli, sul paliotto c’è una Deposizione e ai lati sono collocati le statue di San Domenico a sinistra e San Pietro a destra. L’altare è adornato da motivi ornamentali classici come festoni di frutta, motivi vegetali e amorini. Mancano alcuni pezzi dell’opera originaria, andati persi.
Molto particolare è la Cappella Ottagonale del XIII secolo che sorge un un ambiente sotterraneo circolare, contenente le tombe a seduta o sepoltura a “cantarelle” o “scolatoi” o “putridarium” oppure “a coro”. I corpi dei defunti venivano messi in questo ambiente provvisorio, in cui avveniva un processo detto “tanatomorfosi”. Durante questo processo, i corpi venivano posizionati su seggi in muratura addossati alla parete e aventi ciascuno un canale di scolo per far defluire i liquidi del corpo, in decomposizione, verso un pozzo centrale (o cantoro). I corpi seduti erano agganciati per le spalle sui ganci collocati sulla superficie verticale. Dopo la putrefazione dei corpi, le ossa venivano raccolte, lavate e trasferite nella sepoltura definitiva dell’ossario.
Lo scopo di questo metodo di sepoltura era quello di ricordare ai monaci la caducità della carne, quelle carni che liberano le ossa, simbolo di purezza. Rappresentava anche i vari stadi della dolorosa purificazione dell’anima del defunto nel suo viaggio verso l’eternità, accompagnato dalle preghiere dei viventi.
La cappella ottagonale fa pensare ad un complesso destinato alla preghiera e alla cura dei defunti. È presente una nicchia su una delle pareti della cappella nella quale probabilmente veniva inserito un lume di candela per i momebti di preghiera. La cappella si trova accanto al coro ligneo che a sua volta si trova nell’antica abside della chiesa.
Il coro è un’opera unica nel suo genere, di grande valore artistico e simbolico. Risale allla prima metà del 1600. Il progetto e parte dell’opera furono realizzati dal maestro Fabrizio Volpe da Paterno (lavoro sospeso per la morte del maestro e ripreso nel 1633 con altri intagliatori di Paterno e Rogliano).
Il coro è realizzato con legno in noce. Contava in origine 52 stalli. Alcuni pezzi non restaurati si trovano in un ripostiglio dietro l’abside.
La parte inferiore del coro rappresenta il male, infatti i sedili sono suddivisi da braccioli intagliati con varie figure quali, mostri alati, sirene, diavoli sostenuti da zampe di caprone raffigurati in età giovanile, media e avanzata (a simboleggiare la diversa gradazione del peccato, avanzando con la crescita), ad eccezione dei grifoni (che rappresentano la doppia natura terrestre e divina di Gesù Cristo).
La parte intermedia del coro rappresenta figure bibliche, tra le quali Adamo ed Eva.
Mentre la parte superiore raffigura sei santi, alcuni riconoscibili come San Domenico, San Tommaso d’Aquino e forse il beato Benedetto XI e San Pio V, quest’ultimo è raffigurato pure sul portone della chiesa.
La visita alla chiesa è stata possibile grazie alla gentilezza e disponibilità dei Padri Missionari Oblati di Maria Immacolata e alla guida della competente e appassionata di arte, Antonella.